Può accadere che l’occupazione aumenti, ma allo stesso tempo la povertà resti alta o addirittura cresca. Quello che si sta verificando oggi in Italia.
PERCHE’ AUMENTA L’OCCUPAZIONE MA ANCHE LA POVERTA’
Articolo scritto da Gabriella Scrimieri

Perché l’occupazione può crescere senza ridurre la povertà e perché la povertà può aumentare nonostante più persone lavorino?
Sicuramente vi sono alcune variabili che influenzano l’economica. Tra questi troviamo:
o Salari bassi
o Molti dei nuovi posti di lavoro creati sono “lavori poveri”, contratti precari, part-time
o Secondo l’Istat, il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde dei dipendenti è diminuito negli ultimi 10 anni.
Questo significa che, anche se una persona ha un lavoro, il suo reddito reale (cioè quanto può comprare con i soldi che guadagna) può essere ridotto o comunque non sufficiente per garantire uno stile di vita al di sopra della soglia di povertà.
Secondo l'Istat, il potere d'acquisto delle retribuzioni lorde dei dipendenti è diminuito negli ultimi 10 anni, attestandosi a un -4,5% tra il 2014 e il 2024. Un'altra rilevazione, più recente e specifica per il periodo 2019-2024, mostra un calo ancora più marcato del 10,5% per i salari reali. Questo calo è dovuto principalmente al fatto che la crescita delle retribuzioni contrattuali è stata inferiore all'aumento dei prezzi e dell'inflazione.
- Nel decennio 2014-2024: il potere d'acquisto è sceso del 4,5%
- Nel periodo più recente (2019-2024): l'analisi Istat indica una perdita di potere d'acquisto dei salari reali pari al 10,5%, causata dalla forte inflazione
- Motivo del calo: La crescita delle retribuzioni contrattuali orarie è stata significativamente inferiore all'andamento dei prezzi, soprattutto nel 2022.
Inflazione più alta per i poveri
L’inflazione (aumento generalizzato e prolungato dei prezzi che porta alla diminuzione del potere d’acquisto) colpisce in modo più forte le fasce di reddito più basse. Quindi anche se il reddito nominale (in euro) aumenta, il potere d’acquisto può diminuire o non crescere abbastanza per compensare l’aumento dei costi di vita.
Disuguaglianza crescente
L’aumento del PIL (o dell’occupazione) non produce beneficio per tutti e allo stesso modo. Secondo ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) l’aumento del reddito sembra concentrarsi sulle classi più abbienti, mentre chi è già povero può continuare a peggiorare.
Questo vuol dire che la ricchezza totale o il reddito medio possono crescere, ma la distribuzione rimane sbilanciata.
Instabilità del lavoro
Non basta avere molti occupati: la qualità del lavoro (stabilità contrattuale, sicurezza sociale, benefici) è cruciale. Se molti lavoratori hanno contratti saltuari o instabili, non hanno una base sicura per uscire dalla povertà.
Uno studio recente mostra un forte legame tra stabilità del lavoro e riduzione della povertà monetaria, confermando che l'instabilità lavorativa è una causa significativa di impoverimento. L'instabilità lavorativa, l'isolamento sociale e la limitata accessibilità ai servizi contribuiscono a formare le "nuove povertà" che non si limitano solo a una mancanza di risorse finanziarie.
Cosa significa tutto questo
Il mercato del lavoro può migliorare (più occupati), ma “migliorare” non significa necessariamente che tutti abbiano un lavoro.
Per combattere la povertà serve non solo creare posti di lavoro, ma promuovere lavori stabili e ben remunerati, rafforzare le politiche di welfare e garantire una distribuzione più equa del reddito.
È anche un segnale che il semplice indicatore dell’occupazione non è sufficiente per misurare il benessere economico: bisogna guardare anche a quanto guadagnano i lavoratori e se quel reddito basta per vivere dignitosamente.
Definizione ISTAT/Eurostat di “occupato”
È considerata occupata ogni persona che, nella settimana di riferimento:
- Ha svolto almeno un’ora di lavoro retribuito, oppure
- Era temporaneamente assente dal lavoro ma con un rapporto di lavoro attivo (ferie, malattia, cassa integrazione, maternità, ecc.).
Questa definizione non dipende dal tipo di contratto né dai motivi per cui la persona lavora ancora.
Quindi vengono inclusi nel computo degli occupati anche:
1. Chi non è potuto andare in pensione per l’innalzamento dell’età o dei requisiti
Se una persona continua a lavorare perché la riforma Fornero (o altre norme) lo richiedono, finché percepisce un reddito da lavoro è pienamente conteggiata come occupata.
2. I lavoratori con contratti a termine
Tutti i rapporti non a tempo indeterminato rientrano nei dati degli occupati:
- tempo determinato
- stagionali
- somministrati (interinali)
- apprendistato
- lavoro intermittente (se hanno lavorato nell’ultima settimana)
Tradotto: più lavoro, ma redditi che non crescono davvero
Si stima che nei prossimi 5 anni l’occupazione potrà continuare a crescere, ma la povertà non scenderà automaticamente.
Questo perché il nodo centrale non è “quante persone lavorano”, ma quanto vengono pagate e quanto costa vivere.
Fonti:
https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/10/REPORT_POVERTA_2023.pdf
https://www.istat.it/it/files/2011/08/Note-metodologiche_ed2010.pdf
Il Diabete è una delle più diffuse malattie croniche non trasmissibili e rappresenta una patologia complessa, che, per il suo forte impatto socio-economico e sanitario, necessita di una forte attenzione istituzionale. È definito dall’OMS come “disordine metabolico ad eziologia multipla, caratterizzato da iperglicemia cronica con alterazioni del metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine, derivanti da difetti della secrezione insulinica o dell’azione insulinica o di entrambe”.
In Italia si stima la presenza di 4 milioni di persone con diabete diagnosticato, pari al 6,2% della popolazione, con un trend in aumento negli ultimi anni. A queste si aggiungono 1,5 milioni di casi non diagnosticati. La prevalenza cresce con l’età, fino al 20% tra gli over 75, ed è maggiore tra gli uomini (6,9%) rispetto alle donne (5,7%).
La distribuzione è fortemente condizionata da fattori territoriali e sociali: le Regioni del Sud registrano una prevalenza del 7,9%, contro il 5,5% del Nord-Est. Il diabete risulta inoltre tre volte più frequente tra chi ha basso livello d’istruzione o difficoltà economiche.
La prevenzione del diabete evidenzia differenze significative tra Nord e Sud Italia, con il Sud e le Isole che registrano tassi di prevalenza più elevati, in parte a causa di stili di vita e condizioni socio-economiche differenti. Queste disuguaglianze si riflettono nell'esposizione ai fattori di rischio e nella disponibilità di risorse per la prevenzione e la gestione della malattia, anche se le strategie preventive di base, come la dieta sana e l'attività fisica, sono le stesse in tutto il paese.
Tra i principali fattori di rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale restano in primo piano. Nel 2023 il 46,3% degli adulti era in sovrappeso e l’11,8% obeso, con valori più alti negli uomini e nel Mezzogiorno. Nei bambini di 8-9 anni (sorveglianza OKkio alla Salute 2023), il sovrappeso riguarda il 19% e l’obesità il 9,8%, con tendenza alla stabilizzazione ma differenze marcate tra Nord e Sud sussistono in maniera importante. Anche tra gli adolescenti (studio HBSC 2022) si osservano abitudini alimentari scorrette, consumo ridotto di frutta e verdura e insufficiente attività fisica quotidiana.
La Legge 130/2023, che introduce gli screening pediatrici per diabete tipo 1 e celiachia, viene indicata come esempio di politica di prevenzione precoce. Ma è possibile applicarla in tutte le regioni?
Mentre sul fronte economico, la spesa pubblica per i farmaci antidiabetici ha raggiunto 1,45 miliardi di euro nel 2023 (+7,6% rispetto al 2022). L’aumento è attribuito soprattutto all’espansione delle terapie con GLP-1 e gliflozine, a fronte di una lieve contrazione nell’uso delle insuline combinate.
Il costo sociale e sanitario è molto elevato: il diabete e le sue complicanze pesano moltissimo sul
Sistema Sanitario Nazionale, motivo per cui bisognerebbe investire tanto sulla prevenzione.
La Prevenzione primaria si basa su principi fondamentali, quali:
- Promuovere stili di vita sani, alimentazione bilanciata e corretta, attività fisica, controllo del peso, aderenza alla terapia.
- Migliorare la diagnosi precoce, identificare subito le persone nella fase “prediabete” o ad alto, rischio per prevenire la malattia conclamata.
- Garantire equità territoriale e sociale. Assicurare l’accesso alle attività di prevenzione screening e cura ovunque.
- Favorire l’integrazione tra settore sanitario, comunità, scuola ambiente.
Fonti:
Legge 16 marzo 1987, n. 115, recante “Disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete mellito” Ministero della Salute Relazione 2024
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/09/27/23G00140/sg
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